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Hans Herrmann, l’identikit del porschista perfetto

Se a un panettiere nato a Stoccarda, a cavallo tra la Prima e la Seconda Guerra Mondiale, avessero chiesto cosa volesse fare da grande, anche senza conoscerlo, certamente avrebbe risposto il pilota su un’automobile Porsche. Se quel panettiere si chiamava Hans Hermann quel sogno l’ha anche realizzato e, anzi, ha contribuito a realizzare una delle più belle storie dell’automobilismo mondiale e del motorsport internazionale. In questo approfondimento racconteremo la storia di Hermann, un pilota, l’ultimo ancora in vita dei trionfatori degli anni Cinquanta, quasi mitologico. Grazie al suo lavoro, infatti, non solo ha dato modo a Porsche di costruire il suo successo, ma ha anche contribuito a far nascere il mito delle Porsche Carrera. Conosciamolo meglio.

Il mito che diede il nome alle Carrera: Hans Herrmann

Hans Hermann nacque il 23 febbraio 1928, a Stoccarda, da una famiglia di panettieri. Fin dall’infanzia, infatti, fu avviato verso questa professione, ma i suoi desideri erano ben altri. Come più volte ha confessato, Hermann aveva un solo desiderio: quello di fare il pilota di automobili da corsa. Un desiderio che, a fine carriera, l’avrebbe portato a disputare complessivamente 263 gare, tagliando per ben 21 volte il traguardo come primo assoluto, 58 volte come primo di classe, 45 volte come secondo e 20 volte come terzo. E non solo, perché ha legato indissolubilmente il suo nome a quello di Porsche, contribuendo a scrivere alcune delle pagine più importanti della storia della casa di Stoccarda. Potremmo stare qui a raccontare ogni suo singolo successo: la storia di questo pilota, però, è la storia di Porsche e noi ci limiteremo a raccontare questa.

I risultati più importanti della carriera di Hans Hermann in Porsche

Già nel 1953, infatti, Hans Hermann si trova alla guida di una Porsche. Si tratta della Porsche 356, e poi successivamente della Porsche 550 Spyder, che conduce in alcune delle gare del Campionato mondiale vetture sport. Un primo risultato importante, a bordo di una Porsche, arrivò proprio quell’anno. Precisamente sul circuito della 24 Ore di Le Mans: qui, ancora una volta a bordo di una Porsche 550 Coupé, ottiene un ottimo secondo posto di classe. Purtroppo, quell’anno non ha uguale fortuna alla Carrera Panamericana, dove è costretto al ritiro, e alla Mille Miglia, in cui, a bordo di Porsche 356, riesce a classificarsi solamente 11° nella sua classe. Un risultato comunque importante, per un pilota che iniziava a farsi conoscere nel panorama del motorsport.

L’anno successivo proseguì l’esperienza nel Campionato mondiale vetture sport: in questa stagione, sempre con la 550 Spyder, Hermann riuscì a conquistare un 6° posto, in Italia, e un terzo posto. Uno dei risultati più importanti di questa annata, tuttavia, fu quello conseguito alla Carrera Panamericana. In quella che all’epoca era una delle corse più affascinanti, se non la più affascinante in assoluto, il pilota tedesco riuscì, con la sua 550 Spyder a tagliare il traguardo come primo di classe e come terzo assoluto. Un risultato che proiettò lui, e di conseguenza Porsche, nel panorama delle stelle dell’automobilismo sportivo. Fu proprio in onore di questa vittoria, che la casa costruttrice si decise a denominare col nome di Carrera alcuni dei suoi modelli più sportivi. Il ’54, comunque, fu un anno importante anche per un’altra ragione. Sempre con la piccola ammazzagiganti, Hermann riuscì a piazzarsi nuovamente come 1° di classe alla Mille Miglia e come 6° assoluto. Anche questo successo contribuì a far nascere il mito di Porsche.

Dopo questi successi, le strade del pilota tedesco e di Porsche si separarono. Non per molto, però. Già nel 1956, Hermann si ripropose alla guida di una Porsche: questa volta si trattava della Porsche 550RS, che alla 1000 km del Nürburgring arrivò 2° di classe e 6° assoluto. Il vero successo, però, questa volta arrivò alla 12 Ore di Sebring, dove con la Porsche 550 Spyder riuscì a mettersi tutti indietro nella propria classe e a conquistare nuovamente un sesto posto assoluto.

Uno tra i risultati più importante della carriera di Hermann, forse, arrivò nel 1958: in quell’anno, alla guida della Porsche 718 RSK Spyder, condividendo l’abitacolo con il pilota francese Jean Behra, si aggiudicò la prima piazza di classe alla 24 Ore di Le Mans e il terzo posto assoluto. Nel ’59 arrivò anche il primo successo sul circuito del Nürburgring, dove riuscì a ottenere il 1° posto di classe e la 4° piazza assoluta con Porsche 718 RSK. L’anno seguente, il 1960, arrivò un successo ancora più clamoroso a Sebring: insieme con Joakim Bonnier, a bordo della Porsche 718 RS 60, Hermann conquistò la prima posizione di classe e assoluta. Non sarebbe stato l’unico acuto di stagione: sulle curve italiane della Targa Florio, quello stesso anno, Hermann conquistò nuovamente il 1° posto di classe e assoluto. Un’affermazione che contribuì a far nascere il mito della Porsche Targa.

Nel 1962 il pilota tedesco riuscì nuovamente ad affermarsi nella propria classe a Le Mans, ma in generale non fu un’annata particolarmente prodiga di risultati, anche se Hermann ottenne un successo anche alla Targa Florio, nella propria classe, con la Porsche 356B Carrera Abarth. Gli ultimi acuti a bordo di una Porsche furono registrati nel ’66, quando si impose nella sua classe alla 12 Ore di Sebring con la sua Porsche 906 e nel 1968, quando fece nuovamente doppietta di classe e primo posto assoluto con la Porsche 907.

Il vero capolavoro, però, fu compiuto nel 1970. Quell’anno, Hans si preparava a dare il suo addio alle corse, secondo una promessa fatta alla moglie. A bordo della Porsche 917 K, pertanto, disputò la sua ultima 24 Ore di Le Mans. Al volante con lui un altro manico dell’automobilismo, Richard Attwood. Dopo ben 343 giri, l’automobile di Stoccarda tagliò il traguardo per prima, sia nella sua classe che come assoluta. Un successo clamoroso, che avrebbe aperto una nuova stagione a Porsche.

Piacere, Hans Hermann per gli amici Lucky Hans

Hermann è anche andato incontro a diversi incidenti (pare cinque), uscendone sempre illeso, al punto che gli fu affibbiato il nome di Lucky Hans, Hans il Fortunato. Il più spettacolare, probabilmente, fu quello avvenuto nel 1955 sul circuito dell’Avus, quando a bordo di una BRM P25 si cappottò. Nonostante fosse stato sbalzato fuori dall’automobile, il pilota restò sostanzialmente illeso. Un altro incidente, non meno pericoloso, fu quello che lo vide coinvolto alla Mille Miglia del 1954. Subito dopo una curva, infatti, il pilota si ritrovò dinanzi un passaggio a livello chiuso, mentre il convoglio stava sopraggiungendo. In una frazione di secondo si rese conto dell’impossibilità di frenare e, dopo aver segnalato la sua intenzione al copilota Herbert Linge, passò al di sotto delle sbarre con gli spettatori attoniti. Inutile dire che la manovra, complice anche l’altezza ridotta della sua Porsche 550 Spyder, riuscì e contribuì al suo trionfo.

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