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La Carrera Panamericana, una corsa che diventò mito

La Carrera Panamericana ebbe vita breve. Disputata dal 1950 al 1954, in sole cinque edizioni della competizione, che si disputava lungo la strada Panamericana, si impose nell’immaginario collettivo, al pari della Mille Miglia e della Targa Florio, come una delle gare più difficili e affascinanti di sempre. Un fascino al quale, naturalmente, non rimase immune neanche Porsche, che, anzi, proprio in onore a questa competizione diede vita a un modello di automobile, la Porsche Carrera, ancora oggi utilizzato per differenziare i propri modelli. Oggi, comunque, andremo alla scoperta di questa competizione, della sua breve ma intensa storia e di come ha saputo ritagliarsi questo ruolo nell’immaginario collettivo.

La messicana, che diventò un mito: la Carrera Panamericana

La Carrera Panamericana, molto spesso, è anche chiamata Carrera Messicana. Il motivo è semplice: l’idea di questa competizione, infatti, fu del Governo messicano, che intendeva celebrare il completamento della Panamericana, nel tratto da messicano lungo ben 3.507 chilometri, con un evento in grado di attirare turisti e di ravvivare gli scambi commerciali tra gli Stati Uniti d’America e le aziende dell’America Latina.

La Panamericana, la cui idea progettuale fu avanzata nel 1923, è un sistema stradale che aveva l’obiettivo di collegare l’intero continente americano. Al suo completamento, la strada aveva una lunghezza di 25.750 chilometri e si interrompeva solamente per 87 chilometri, che coincidono con il collegamento tra Panama e la Colombia, dove la giungla è così fitta da non consentire il completamento. Proprio per celebrare l’importanza di questa infrastruttura viaria nacque una gara al limite del mitologico, in cui Porsche non riuscì mai a imporsi in senso assoluto, ma conseguì comunque importanti successi come testimonia ancora oggi il nome Carrera tra i modelli Porsche.

La breve storia della Carrera Panamericana

La prima edizione della Carrera Panamericana fu organizzata nel 1950. Il Governo messicano, per l’organizzazione della competizione, decise di affidarsi a un gruppo di esperti: gli italiani Attilio Camisa, giornalista della Gazzetta dello Sport, e Giovanni Canestrini, tra i fondatori della Mille Miglia. Antonio Cornejo, un concessionario di automobili Pontiac, fu nominato direttore generale dell’evento. Il circuito della Carrera Messicana, o Carrera Mexico come pure era soprannominata, era abbastanza ovvio: in larga parte, esso coincideva con la Ruta Panamericana. La gara avrebbe avuto inizio a Ciudad Juárez, popolosa città sul confine tra il Messico e gli Stati Uniti d’America, e sarebbe terminata a Tuxtla Gutiérrez, capitale dello stato più meridionale del Messico. Lo stesso percorso fu adottato anche nell’edizione seguente, quella del 1951, mentre nelle ultime tre edizioni l’organizzazione decise di invertire il senso di marcia e di far partire la gara da Tuxtla Gutiérrez e farla terminare a Ciudad Juárez. Nel mezzo, le automobili in gara avrebbero fatto tappa a Oaxaca, Puebla, Città del Messico, León, Durango, Parral e Chihuahua.

La Carrera Panamericana del 1950

Il primo via ebbe luogo dal 5 al 10 maggio ed ebbe una durata complessiva di oltre 27 ore. Le edizioni seguenti, grazie a porzioni di strada asfaltata sempre più lunghe, durarono molto meno: già nel 1952, infatti, la gara durò poco meno di 22 ore. Nel 1953, col percorso invertito, la gara terminò in meno di 19 ore, che divennero poco più di 18 nel 1953 e soltanto 17 nell’ultima edizione del 1954. In ogni caso, una gara estenuante, anche per via del difficile percorso.

L’iscrizione fu permessa solamente alle automobili che avevano all’attivo una produzione di almeno 500 esemplari. La conseguenza di questa decisione – presa solamente cinque anni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale – fu che molte case costruttrici europee, ancora alla ricerca della ripresa economica, non erano in grado di partecipare. Questa decisione fu presa anche a tutela delle case costruttrici americane, che temevano il confronto con le più performanti automobili del vecchio continente. Per questa ragione, quando l’Alfa Romeo iscrisse due 6C 2500 Sport Freccia d’Oro, nonostante si trattasse di due automobili del 1935, molti costruttori americani protestarono vivacemente con l’organizzazione, che tuttavia finì per accettare le automobili italiane.

Sulla griglia di partenza si schierarono 123 equipaggi, molti dei quali composti solo da piloti privati. Il limite delle 500 automobili prodotte aveva dato i suoi risultati: sulla linea di partenza, infatti, vi erano per lo più vetture di case americane: Ford, Lincoln, Cadillac, Oldsmobile, Chrysler e molte altre ancora. All’arrivo, a testimonianza di quanto dura fosse la gara, si presentarono solamente 47 equipaggi. Lo strapotere americano fu evidente: il podio fu completato esclusivamente da auto americane. Al primo posto, con una velocità media di circa 142 km/h, arrivò la Oldsmobile 88 del team Roy Sundstrom, condotta da Hershel McGriff e Ray Elliott. Questi si aggiudicarono un premio di 34.681 dollari. Al secondo posto la Cadillac Serie 62 del team Thomas A. Deal, guidata da Thomas Deal stesso e Sam Cresap, e al terzo sempre una Cadillac Serie 62 del team Eugene Barry, diretta da Alvin Rodgers e Ralph Rodgers. Al quarto posto, tuttavia, si manifestarono tutte le paure della case costruttrici: l’Alfa Romeo 6C 2500, guidata da Piero Taruffi e Isidoro Ceroli, nonostante un’automobile vetusta e meno potente, riuscì a mettersi alle spalle numerose auto americane.

La Carrera Panamericana del 1951

La seconda edizione della Carrera Messicana si tenne l’anno seguente. Questa volta, all’ultimo istante, l’organizzazione decise di rimuovere l’obbligo dei 500 esemplari prodotti per ciascuna automobile. La decisione improvvisa, tuttavia, non consentì alle case europei di partecipare facilmente alla competizione. Oltre alla Alfa Romeo 6C 2500, condotta dai coniugi Carlos e Teresita Panini, che rimasero coinvolti in un incidente mortale per il primo, riuscì a schierarsi sulla griglia di partenza anche la Ferrari. Per l’occasione, Enzo Ferrari mise a punto due Ferrari 212 Inter, condotte da Piero Taruffi e Luigi Chinetti, la prima, e Alberto Ascari e Gigi Villoresi, la seconda. Anche Lancia riuscì a schierare una Aurelia B20, che però si ritirò a causa di problemi tecnici. Complessivamente, comunque, sotto alla bandiera a scacchi si schierarono ben 97 equipaggi, ancora una volta per lo più su automobili americane. Al traguardo, confermando nuovamente quanto dura fosse la gara, giunsero solamente 37 macchine.

Questa volta, però, nemmeno lo strapotere americano riuscì a fermare la potenza delle automobili europee e, in particolare, di quelle italiane. Sotto alla bandiera a scacchi, con una velocità media di 141 km/h, a transitare per prima fu la Ferrari di Taruffi-Chinetti, seguita dall’altra Ferrari di Ascari-Villoresi. Alla Chrysler Saratoga di Edwards Sterling l’ultimo posto disponibile sul podio e numerose polemiche, sia per l’alto numero di vittime che per l’apertura alle case europee. Istanze a cui l’organizzazione della Carrera Panamericana provò a dare una risposta l’anno seguente, introducendo due nuove categorie: la Sport e la Turismo.

La Carrera Panamericana del 1952

Ormai, però, le case automobilistiche europee avevano acceso i propri riflettori sulla Carrera Mexico e, pertanto, fu impossibile frenarne l’iscrizione. Alla terza edizione della competizione, oltre a Ferrari, Lancia e le altre case che già avevano preso parte alla gara, si schierarono anche Mercedes-Benz, la Porsche, la Jaguar. Questo tolse definitivamente ogni speranza di vittoria alle case automobilistiche americane, che non andarono neanche vicini a conquistare una piazza utile per salire sul podio. Al primo e al secondo posto, infatti, si impose la Mercedes-Benz 300 SL condotte una da Karl Kling e Hans Klenk e l’altra da Hermann Lang ed Erwin Grupp. Stoico, in particolare, fu il team Kling-Klenk: durante la corsa, a circa 200 km/h, un avvoltoio sfondò il parabrezza ed entro nell’abitacolo, ferendo anche il co-pilota. Per i successivi 70 chilometri, fino al termine della tappa, i due proseguirono come poterono. Solo all’arrivo fu possibile medicare il ferito e rattoppare l’automobile, che venne dotata di barre così da evitare nuovi incidenti. Solo terza, invece, la Ferrari 340 Mexico Vignale Berlinetta guidata da Luigi Chinetti e Jean Lucas. Ormai lo scontro tra le case automobilistiche europee era entrato nel vivo, anche perché, a partire dall’anno successivo, la competizione fu inserita nel Campionato del mondo sportprototipi, accendendo ulteriormente lo scontro.

La Carrera Panamericana del 1953

Nel 1953, con la D24, la Lancia aveva vinto due delle gare più importanti dell’epoca: la Targa Florio e la Mille Miglia. Per questo, la Ferrari aveva tutte le intenzioni di competere ad alti livelli con le sue 375 MM. La Lancia con il suo propulsore da ben 230 CV e la Ferrari con un motore da 340 CV, che aveva fatto registrare una velocità massima di 270 km/h, erano le ovvie pretendenti alla vittoria finale. E così fu, con la Ferrari di Piero Taruffi che si aggiudicò tre tappe giungendo secondo assoluto e con la Lancia D24 di Juan Manuel Fangio, che, pur senza aggiudicarsi alcuna tappa, riuscì a imporsi nella classifica generale.

La vittoria Lancia, che confermò così il potere del momento, fu tuttavia funestata da uno dei tanti incidenti che caratterizzavano la corsa. Felice Bonetto, alla guida di una Lancia D24, si schiantò mentre era nei pressi di Silao. L’esercito messicano impedì ai soccorsi di attraversare il tracciato della gara e, dunque, Bonetto spirò mentre era ancora al posto di guida. Un’altra prova durissima, come del resto dimostravano i numeri: delle 162 vetture partite al via, dopo 3.077 chilometri ne arrivarono solamente 62.

Questa, comunque, fu l’ultima Carrera Panamericana della storia di Lancia, poiché all’ultima edizione, quella del 1954, fu sostituita dalla Porsche, che, come vedremo fu un degno erede.

La Carrera Panamericana del 1954

L’ultima edizione della Carrera messicana, orfana della Lancia, vide lo strapotere della Ferrari, che pure presenziava come team privato. A bordo della Ferrari 375 Plus carrozzata Pininfarina, Umberto Maglioli riuscì a imporsi anche grazie a un serbatoio supplementare necessario per sopperire agli enormi consumi del propulsore del cavallino. La Ferrari 375 MM di Phil Hill e Richie Ginther, invece, si classificò seconda. La grande sorpresa di questa edizione, a cui presero parte ben 150 vetture, fu un’altra cavallina: quella di Porsche, che invece schiero una Porsche 550 Spyder condotta da Hans Hermann. La Porsche di Hermann, oltre a classificarsi terza assoluta, conquistò l’intero podio di categoria. Fu proprio per celebrare questo incredibile successo che la casa di Stoccarda decise, successivamente, di inventare la Porsche Carrera, ma questa è un’altra storia.

Al termine di questa edizione, forse anche per le pressioni delle case costruttrici americane, sull’onda del disastro della 24 Ore di Le Mans, il Governo messicano decise di cancellare la manifestazione sportiva. Le case costruttrici, come Lancia, avevano già avviato il programma di sviluppo delle automobili per la Carrera Panamericana, ma furono costretti a cancellare ogni impegno. La decisione messicana provocò non poche polemiche, ma la gara non si disputò comunque. Solo a partire dal 1988, poi, sono state disputate gare di regolarità riservate alle auto d’epoca sullo stesso tracciato, ma anche questa è un’altra storia.

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