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La 12 Ore di Sebring, dove Porsche comanda indiscussa

Siamo alla metà degli anni Quaranta e gli Stati Uniti d’America, dopo Pearl Harbour, hanno ben chiaro che, se non interverranno in Europa, il conflitto ben presto si estenderà anche oltreoceano. La potente macchina bellica, ormai, è in moto e, tra gli altri strumenti di guerra, ce n’è uno che si prepara a portare il suo carico di distruzione lì dove serve. Lo chiamano Fortezza Volante, Flying Fortress, tale è la sua capacità di condurre a termine le missioni nonostante le incursioni dei caccia nemici, ma il suo nome completo è Boeing B-17. I suoi quattro motori radiali sono in grado di esprimere una potenza massima di 1.200 CV ciascuno, sufficienti per spingere l’aeromobile a una velocità massima di 462 km/h. Numeri impressionanti, che fanno tremare il terreno quando le quattro eliche turbinano alla massima potenza, in fase di decollo. Ne sanno qualcosa all’Hendricks Field, dove questi mostri volanti sono di stanza in quel periodo e dove i piloti si addestrano alla guerra aerea. Quasi una prova generale per quell’asfalto che presto, subito dopo la guerra, diventerà altro: un circuito per automobili da corsa fra i più celebri al mondo. E se lo chiedete a qualcuno che qui ha corso, forse vi racconterà di aver percepito le vibrazioni di quei quadrimotori lanciati verso la libertà. Conosciamo oggi la storia di Sebring e della 12 Ore di Sebring.

Sebring, storia e corse a cavallo di una guerra

Quando si arriva a Sebring, cittadina di appena 10 mila abitanti nello stato della Florida, negli Stati Uniti d’America, una lapide ricorda ai più disattenti quale sia l’attrattiva in città: Welcome to Sebring. Home of 12 Hour Grand Prix & Historic Downtown District. Perché qui, corse automobilistiche e storia si intrecciano senza soluzione di continuità. La storia è quella della Seconda Guerra Mondiale, che ha visto la città impegnata col suo campo di volo, Hendricks Army Airfield, addestrare i piloti dei B17, e le corse automobilistiche, che si svolgono qui ormai dalla metà degli anni Cinquanta, lungo il tracciato del Sebring International Raceway. Se vi trovate da queste parti, quindi, due sono i casi: o siete appassionati di storia contemporanea oppure avete benzina che scorre nelle vene. In questo caso, andiamo a scoprire questo meraviglioso circuito.

L’idea delle gare lungo il Circuito di Sebring

All’indomani della fine della Seconda Guerra Mondiale, fu abbastanza chiaro che l’Hendricks Army Airfield, necessario per lanciare gli attacchi coi temibili B-17, fosse ormai un inutile residuato bellico. Evidentemente, però, la storia di questo campo di volo non poteva finire così. Per questo, alla vigilia del 1950, l’ingegnere aeronautico russo-americano, Ale Ullman, si convinse della possibilità di convertire quelle piste di decollo e atterraggio in un circuito automobilistico su cui organizzare corse automobilistiche nello stile della 24 Ore di Le Mans. L’idea, evidentemente convinse la moglie, Mary, ma anche il colonnello C.D. Richardson, che divenne così loro socio. La gara inaugurale del Circuito di Sebring, la Sam Collier 6 Hour Memorial, si disputò il 30 dicembre 1950 e, da quel momento, iniziò una storia che, ancora oggi, affascina gli appassionati degli sport motoristici. Prima di entrare nel dettaglio della 12 Ore di Sebring, però, cerchiamo di capire qualcosa in più su questo circuito.

Il circuito di Sebring, un ex aeroporto diventato leggenda

Un giro lungo il tracciato del Circuito di Sebring può essere tante cose. Una salutare passeggiata di oltre sei chilometri, nel clima subtropicale della Florida, oppure un vero e proprio inferno, tra asfalto sconnesso, curve inclinate e cemento scivoloso.

Il primo rettilineo si lancia a velocità folle verso la curva 1, a sinistra, che porta rapidamente verso la curva 3, ancora a sinistra, con una piccola deviazione verso destra (curva 2). Da qui in poi, inizia un tratto molto guidato: la curva 4 e la curva 5 si superano in sequenza, prima della Big Bend (curva 6), un nome un programma. Il lungo curvone porta senza soluzione di continuità alla curva 7, detta Hairpin, poi la curva 8, detta Fangio, e la curva 9. Qui un breve rettilineo, con una violenta staccata, che introduce alla parte finale del circuito: curva 10 anticipa la successiva Collier (curva 11), quindi curva 12 e, a seguire una curva a gomito verso destra. Dopo la curva 13, è di nuovo un lungo rettilineo che porta alla curva Bishop (curva 14) e quindi curva 15. Qui, un omaggio a un’altra gara di endurance: la curva Le Mans, la numero 16, porta al rettilineo Ullman, dedicato all’ideatore del circuito, che si conclude con l’ultima curva del tracciato la Sunset Bend che porta al rettilineo del traguardo. Diciassette curve, una dietro l’altra, per una lunghezza complessiva di 6.020 metri (3,74 miglia) capaci di mettere a dura prova qualsiasi automobile e qualsiasi pilota. Adesso che conosciamo meglio il circuito capiamo meglio che cos’è la 12 Ore di Sebring.

La 12 Ore di Sebring, la massacrante endurance statunitense

Già nel 1952, cioè due anni dopo la gara inaugurale del circuito, fu organizzata la prima 12 Ore di Sebring. Una gara che si ispirava, di fatto, alle grandi gare endurance europee come Le Mans. Il successo della prima edizione portò, già l’anno successivo, a inserire la gara nel Campionato del mondo sportprototipi, suggellando così il fascino di questa corsa. Una corsa che, proprio per le sue difficoltà, si configurava come una preparazione per la 24 Ore di Le Mans. In ogni caso, da allora e fino a oggi con l’esclusione dell’edizione del 1974, la 12 Ore di Sebring si è sempre celebrata. E da queste parti, tutti hanno ben presente che tra le curve di Sebring c’è una sola regina che si chiama Porsche. Perché qui, la casa costruttrice di Stoccarda ha macinato vittorie su vittorie: ben diciotto, con un record di sette vittorie consecutive conquistate con una vettura straordinaria: la Porsche 935. Ma andiamo con ordine.

Porsche e Sebring, un comando indiscusso

Con le sue diciotto vittorie alla 12 Ore di Sebring, certamente Porsche può considerarsi la regina di Sebring. Del resto, quasi da subito, la casa di Stoccarda ha dimostrato la capacità di conquistare vittorie su vittorie in Florida. Se la gara si è disputata per la prima volta nel 1952, già otto anni più tardi, nel 1960, arrivò il primo successo. Fu quello raccolto dalla Porsche 718 condotta da Hans Herrmann e Olivier Gendebien. Quello del ’60, tuttavia, fu solamente un assaggio: otto anni più tardi, infatti, Jo Siffert e lo stesso Hermann conquistarono, questa volta a bordo di una Porsche 907, nuovamente Sebring. Con la Porsche 917K, poi, fu la volta di Vic Elford e Gérard Larrousse.

Con il 1973, poi, si aprì la stagione dei successi della Porsche 911: quell’anno, con alla guida Hurley Haywood, Peter Gregg e Dave Helmick, e poi nel 1976, con Al Holbert e Micheal Keyser, e nel 1977, con George Dyer e Brad Frisselle, Porsche conquistò tre importantissimi successi. Più di tutto, però, a partire dal ’76, si aprì un’incredibile sequela di successi per la casa di Stoccarda. Tramontata l’era della 911, con la Porsche 935 la casa costruttrice riuscì a imporsi per ben sette volte, dal 1978 al 1984. I successi di Porsche, che erano iniziati nel ’76 con la 911, tuttavia, non si fermarono con la 935. Anche con la successiva Porsche 962, infatti, la casa continuò a imporsi per altri quattro anni consecutivi, dal 1985 al 1988. Questo ha portato a un record di vittorie consecutive di Porsche, con ben tredici edizioni vinte dalla cavallina di Stoccarda. Da allora, Porsche è riuscita a imporsi a Sebring solamente un’altra volta, nel 2008, con la Porsche RS Spyder. Ciononostante, ancora oggi, nessuno è riuscito a battere il record di vittorie assolute e di vittorie di seguito raggiunto dalla casa.

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Carlo
Carlo
1 anno fa

Sempre molto interessanti i vostri articoli

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