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5 curiosità sul genio di Ferdinand Porsche

Lo sappiamo tutti: Ferdinand Porsche, a modo suo, fu un vero e proprio genio. Non soltanto perché ha fondato una delle case automobilistiche più importanti di sempre, ma anche perché con la sua opera ha dato un contributo importante all’intero mondo dell’automobilismo. Ecco perché, per celebrare al meglio la sua storia, abbiamo deciso di raccogliere alcune curiosità intorno alla sua vita e, soprattutto, riguardo i suoi contributi tecnici al mondo dei motori. Come sempre, se avete qualche consiglio, vi invitiamo a scriverci nei commenti.

1. Un genio precoce impatta sulla storia dell’automobilismo

Come dicevamo poc’anzi, oggigiorno Porsche è ricordato principalmente per il nome che campeggia sulle automobili sfornate dalla omonima casa automobilista. Eppure, il genio di Stoccarda è stato molto più di questo. Lo dimostra, per esempio, il contributo che egli ha dato all’automobilismo in maniera assolutamente precoce. Già nel 1900, in occasione dell’Esposizione Universale di Parigi, Porsche portò un’automobile assolutamente unica nel suo genere. Si trattava della Semper Vivus Lohner-Porsche: una vettura che montava motori elettrici su ciascuna delle ruote. In un colpo solo, quindi, Porsche ebbe modo di inventare la prima automobile elettrica della storia e, al contempo, la prima vettura a trazione integrale. Se si considera, inoltre, che l’automobile aveva anche dei motori termici per alimentare quelli elettrici, stiamo parlando anche della prima macchina ibrida. Niente male per uno che, a quel tempo, ancora non aveva completato gli studi.

2. Un carro armato in onore del suo genio anche in ambito militare

Il genio di Porsche si manifestò in diversi ambiti: dalle automobili, come sappiamo, agli attrezzi agricoli, come i celebri trattori Porsche. Tuttavia, poiché Porsche visse a cavallo di uno dei periodi più tormentati della storia contemporanea, il suo genio finì anche per essere asservito allo sforzo bellico della Germania. In questo senso, è noto il suo impegno nella progettazione della Volkswagen Maggiolino, l’auto del popolo voluta da Adolf Hitler in persona. Allo stesso modo, il suo genio fu espresso anche per motorizzare l’esercito tedesco per mezzo del Volkswagen Kübelwagen. L’impegno più estremo in ambito militare di Porsche, tuttavia, fu quello destinato alla progettazione di carri armati. Non a caso, il Panzerjäger Tiger (P) Elefant – un temibile cacciacarri, capace di perforare qualsiasi corazza dell’epoca – iniziò a essere chiamato Ferdinand proprio in onore del suo progettista, Ferdinand Porsche. Un peso di non poco conto, che alla fine della guerra lo stesso fondatore della casa di Stoccarda pagò a caro prezzo con la detenzione.

3. Il curioso rapporto tra Ferdinand Porsche e l’Italia

È banale: chiunque si occupi di automobilismo, in un modo o nell’altro ha a che fare con l’Italia. Chiedere a Horacio Pagani per conferma. Quello di Ferdinand Porsche, tuttavia, è assolutamente particolare. Basti vedere lo stemma che campeggia sulle vetture della casa di Stoccarda: se non ci avete fatto caso, almeno in una sua parte ricorda molto da vicino quello della Ferrari. Vi rimandiamo all’articolo sullo stemma Porsche, che approfondisce la questione. Il rapporto tra l’Italia e il costruttore, tuttavia, non termina qui. Quando Porsche fu incarcerato dai francesi per i suoi rapporti a dir poco discutibili col regime nazista, fu proprio grazie a un italiano se il genio di Stoccarda riuscì a scampare un carcerazione ben più lunga. Il pilota Pero Dusio, infatti, si impegnò affinché Porsche fosse scarcerato. In un modo o nell’altro questo avvenne e, per ringraziarlo, Porsche gli regalò il progetto della celebre Cisitalia 360.

4. Porsche, una famiglia di tecnici dell’automobile

Nel 1903, Ferdinand Porsche contrasse matrimonio con Aloisia Johanna Kaes. Dal loro matrimonio nacquero due figli: nel 1904 Louise e nel 1909 Ferdinand Anton Ernst, detto Ferry. Quest’ultimo, all’età di circa trent’anni, iniziò ad affiancare il padre, contribuendo in maniera determinante nella progettazione di numerose scelte progettuali. Alla morte di Ferdinand, tuttavia, il patrimonio della famiglia Porsche fu comunque diviso equamente tra i due figli. Una scelta che, in maniera sarcastica, fu commentata negativamente da Ferry. Ciononostante, anche Louise diede il proprio contributo. Non soltanto perché sposò Anton Piëch, tra le altre cose direttore della Volkswagen, ma perché dalle loro progenie spiccò anche Ferdinand Karl Piëch, altro manager di spicco della Volkswagen. Del resto, lo stesso Ferry diede il suo contributo in favore degli eredi della tradizione: Ferdinand Alexander Porsche, detto Butzi, non solo contribuì al progetto della Porsche 911, ma fondò anche lo studio Porsche Design.

5. Porsche, automobili ma non solo: un progettista a tutto tondo

Al di là della casa automobilistica, ciò che realizzò Porsche fu un vero e proprio studio di progettazione che si dedicò a progetti di ogni sorta: dalle automobili per altre case costruttrici, a progetti anche avventati come quelli delle motociclette Porsche. Progetto che, peraltro, non ebbe mai particolare fortuna. La sua esperienza a tutto tondo, tuttavia, consentì al suo studio di essere contattato anche da realtà molto distanti dalla sua esperienza. È il caso di Airbus, noto costruttore di aeromobili, che nel 1981 contattò lo studio di progettazione affinché questi lavorasse alla realizzazione delle cabine di pilotaggio dei veicoli commerciali. Fu la prima volta che velivoli destinati al trasporto di civili furono dotati di monitor, invece che di strumenti analogici. Uno standard che, ben presto, fu adottato anche dalle altre case costruttrici di velivoli.

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