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Il motore Boxer, il propulsore che si muove fra equilibrio e potenza

Il motore Boxer, talvolta erroneamente chiamato motore Boxster, come dimostra la storpiatura comune è il motore che si lega maggiormente alla tradizione di Porsche. Se è vero che la prima automobile Porsche, in effetti, era un’automobile elettrica, è anche vero che già la Volkswagen Maggiolino era dotata di un Boxer a 4 cilindri. Una caratteristica distintiva, che Porsche ha portato avanti nel tempo, sino a equipaggiare le sue automobili più moderne: la Porsche 911, la Porsche Cayman e la Porsche Boxster. Conosciamo meglio la storia di questo motore e le sue caratteristiche.

Il motore Boxer: storia, struttura, funzionamento e tutto ciò che c’è da sapere

La maggior parte degli autoveicoli oggi in commercio montano motori i cui pistoni si muovono verticalmente o, al più, secondo una V che può essere più o meno acuta. Il movimento dei motori Boxer, invece, si sviluppa sull’asse longitudinale. Osservando con attenzione le movenze di questo motore, esse ricordano quelle di un pugile. Ecco svelata, dunque, l’origine del suo nome, che per molti risulta ancora un mistero. Dietro questo motore, dal suono così caratteristico, tuttavia c’è molto altro. Scopriamolo da vicino, allora.

Come è fatto e come funziona un motore Boxer

Per comprendere i pregi di un motore Boxer, prima di tutto, è essenziale conoscerne l’architettura e quindi il funzionamento. Spesso, infatti, si tende a fare confusione, finendo per etichettare il Boxer come un semplice motore a cilindri contrapposti. In realtà, come vedremo, questo motore presenta alcune caratteristiche che lo rendono un propulsore sostanzialmente diverso dal semplice motore contrapposto.

Essenzialmente, il Boxer è un motore termico, a due, quattro, sei cilindri e, persino, a dodici cilindri, montati con una V di 180° rispetto all’albero motore. Questa è la prima differenza che essi posseggono rispetto a tutti gli altri motori, ma non è l’unica. I motori Boxer, presentano un’ulteriore differenza, che li rende unici anche rispetto a tutti gli altri motori a cilindri contrapposti. Ciò che li caratterizza, infatti, è l’imbiellaggio. In un motore a cilindri contrapposti, per ogni manovella corrispondono due bielle contrapposte. Il risultato è che, durante il moto, i due pistoni connessi si muovono verso un’unica direzione, causando evidentemente un forte squilibrio di forze. Nei motori Boxer, al contrario, ogni biella è collegata a una sua manovella. In questo modo, i pistoni si possono muovere in maniera uguale ma opposta, annullando ciascuno le forze generate dall’altro.

I vantaggi (e svantaggi) dei motori Boxer

Da un punto di vista meccanico, infatti, il risultato dell’architettura dei motori Boxer è uno straordinario equilibrio, più precisamente un auto-bilanciamento delle forze inerziali. L’unico momento di inerzia che si può apprezzare, spinge il motore a ruotare rispetto all’asse verticale. Per il resto, in virtù del movimento alternato dei pistoni, è possibile apprezzare un equilibrio tale da non rendere necessario montare contralberi di bilanciamento, a tutto beneficio della leggerezza del propulsore stesso. Non solo, perché la conformazione piatta – e non a caso, nei paesi anglosassoni questo genere di motore è anche definito flat engine – consente di abbassare il baricentro del veicolo, migliorando così la stabilità dell’automobile su cui esso è montato e, quindi, la sua manovrabilità (handling). Non solo, perché la posizione ribassata lo mette alla stessa altezza della trasmissione, che è così in grado di trasmettere il moto con maggiore efficienza.

Ovviamente, come qualsiasi altra soluzione tecnica, anche il motore Boxer presenta degli svantaggi. Il primo, e più evidente, è quello di un maggiore ingombro longitudinale. Allo stesso tempo, però, esso risulta anche essere meno lungo e più leggero rispetto ad altre architetture. Il secondo, meno evidente, ma chiaramente molto importante, risiede nella duplicazione delle testate e, quindi, degli organi di distribuzione. Questa caratteristica lo rende un motore più complesso da progettare e, in generale, più costoso rispetto ad altre soluzioni. Si tratta, comunque, di difetti marginali rispetto ai vantaggi che esso apporta. Basti pensare che il motore Boxer, in caso di urto frontale, tende a spostarsi al di sotto dell’automobile e, pertanto, risulta essere più sicuro rispetto, per esempio, a un motore in linea o a V.

Se siete i fortunati possessori di una Porsche e volete sentire ruggire nuovamente il suo motore come quando era nuovo, non dovete far altro che rivolgervi agli esperti del settore. Noi di Mavment vi suggeriamo Kaa Racing, specializzati nella rigenerazione dei motori Porsche.

Le Porsche e il motore Boxer

Come detto, la storia delle automobili Porsche e quella del motore Boxer sono intrecciate sin da prima delle origini della casa di Stoccarda. Non solo perché il Volkswagen Maggiolino, alla cui progettazione presero parte anche Ferdinand Porsche e Ferry Porsche, era dotato di un motore Boxer a quattro cilindri raffreddato ad aria. Infatti, già a partire dalla prima automobile marchiata Porsche, la Porsche 356, i due progettisti scelsero proprio un motore Boxer, rendendolo di fatto il motore Porsche per antonomasia.

Successivamente, anche la Porsche 914 e la 912 e via via, sino ai giorni nostri. Basti pensare che, dal 1964 a oggi, la Porsche 911, in tutte le sue versioni, ha sempre montato motori Boxer a sei cilindri. L’unica modifica, nel 1997, quando i motoristi di Porsche decisero di passare dal raffreddamento ad aria fino ad allora adottato a quello ad acqua.

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