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Porsche F1: voci di un un ritorno al passato in Formula 1

A inizio del 2021 si è fatta sempre più insistente la voce di un possibile ritorno di Porsche in F1, probabilmente a partire dal 2025. Un ritorno, per l’appunto, perché in realtà la casa di Stoccarda ha già partecipato con delle sue vetture nel campionato automobilistico più importante al mondo. Ripercorriamo insieme la storia delle Porsche F1 e riviviamo insieme l’emozione delle gare di un tempo.

Porsche F1: quando la casa di Stoccarda correva in Formula 1

È da anni, per la verità, che si parla di un possibile ritorno della Porsche in Formula 1. Un’ipotesi suggestiva, specie per gli amanti del marchio di Stoccarda, che, fatta eccezione per i più anziani, ignorano il seppur breve passato di Porsche nella competizione automobilistica più importante che ci sia. La maggior parte delle fortune di Porsche nelle competizioni, infatti, sono dovute a gare a ruote coperte.

Ciononostante, la Porsche può vantare persino un successo in Formula 1, come vedremo. La storia della Porsche in Formula 1, infatti, inizia nel 1958 e si concluse, purtroppo, nel 1964. Fatta eccezione per la parentesi fra il 1983 e il 1987, quando fornì solamente i motori a McLaren, Porsche non ha più calcato le piste di F1. Ma andiamo per gradi.

I primi passi di Porsche in F1

La storia della Porsche in F1, in realtà, inizia un po’ prima. La stagione è quella del 1957, quando Edgar Barth e Umberto Maglioli prendono parte al Gran Premio di Germania, a bordo di una Porsche 550 RS che correva in Formula 2. In quell’edizione, infatti, gli organizzatori consentirono la partecipazione anche alle auto della categoria inferiore per aumentare il numero di auto in gara.

La corsa, definita come una delle più belle di sempre, vide l’ultimo trionfo di Juan Manuel Fangio a bordo della sua Maserati. Porsche, invece, raggiunse il 12° posto nella classifica generale, con Barth, ma si mise dietro tutti gli altri Formula 2. L’italiano, invece, fu costretto al ritiro.

Anche l’anno successivo, Porsche prese parte al Gran Premio di Germania. Questa volta, però, con una Porsche RSK, anche questa destinata al campionato di Formula 2, e con un solo pilota, Barth. Questa volta, il pilota tedesco ebbe maggiore successo: partito dalla 13° piazza, infatti, concluse la gara in sesta posizione nella classifica assoluta e in seconda posizione nella classifica delle F2.

Nel campionato del mondo del 1959, ancora una volta Porsche prese parte soltanto ad alcune gare con la Porsche 718 condotta da Wolfgang von Trips e dalla prima donna qualificatasi per un Gran Premio di Formula 1, Maria Teresa de Filippis. In particolare, Porsche corse al Gran Premio di Monaco, dove l’italiana non si qualificò e il tedesco fu costretto al ritiro, e al Gran Premio di Germania, dove prese parte solamente von Trips che non riuscì neanche a partire.

Il 1960 rappresentò l’ultima stagione di Porsche in F1 come semplice “ospite”. Ancora una volta con la 718, Porsche schierò nuovamente Barth e il connazionale Hans Herrmann. I due corsero al Gran Premio d’Italia, presso l’Autodromo di Monza, dove conclusero rispettivamente al 7° e al 6° posto in classifica.

La Porsche entra ufficialmente in Formula 1

A partire dal Campionato mondiale del 1961, la Porsche entra a tutti gli effetti in Formula 1. Non soltanto col team ufficiale, il Porsche System Engineering, ma anche col team Ecurie Maarsbergen a cui la casa di Stoccarda fornisce i motori. La Porsche 718, a bordo della quale gareggiano Dan Gurney, Jo Bonnier e Hans Hermann, sin da subito si dimostra competitiva e in grado di piazzamenti importanti. Nel Gran Premio di Monaco di quell’anno, che inaugura la stagione di Porsche in F1, Gurney si classifica subito al 5° posto, mentre Hermann si classifica al 9° e Bonnier arriva solamente 12°. Il buon inizio, però, non si conferma nella gara seguente quando, nonostante una buona classifica, Gurney e Bonnier arrivano 10° e 11°, mentre Hermann giunge al traguardo addirittura ultimo.

La stagione, fortunatamente per il team di Porsche, si raddrizza strada facendo. Al Gran Premio di Belgio, Gurney arriva 6° e Bonnier 7°. Meglio ancora va al Gran Premio di Francia, quando Gurney riesce addirittura a salire sul podio, in 2° posizione, mentre Bonnier si ferma solamente al 7° posto. I ruoli si invertono nel successivo Gran Premio di Gran Bretagna, quando Bonnier arriva al 5° posto e Gurney al 7°. Il primo, però, nel Gran Premio di Germania e quello d’Italia, incappa in due ritiri. Va meglio a Gurney, che, dopo il 7° posto in Germania, si classifica 2° sia al Gran Premio d’Italia che in quello degli Stati Uniti, dove Bonnier giunge solamente 6°.

La prima vera stagione di Porsche in F1 è un successo per la casa di Stoccarda. Nel campionato piloti, Dan Gurney si classifica al 3° posto a pari punti con Stirling Moss. Nel campionato costruttori, con 22 punti calcolati e 23 conquistati realmente, la Porsche si classifica al terzo posto. Questo rappresenterà il miglior risultato di Porsche nella Formula 1.

Il primo successo di Porsche in F1

Nel 1962, forse anche in virtù del buon risultato raccolto l’anno precedente, Porsche si presentò al Campionato di quell’anno con una nuova vettura. Si trattava della Porsche 804, che sostituiva la 718. L’automobile montava il motore F8 753, da 1.494 cm3 di cilindrata, che era in grado di sviluppare ben 180 CV di potenza a 9.200 giri/min. Su di essa si trovarono a correre nuovamente Bonnier e Gurney, ma i risultati non furono quelli sperati. Per le prime due gare, nel Gran Premio d’Olanda e nel Gran Premio di Monaco, Gurney si ritirò, mentre Bonnier riuscì a collezionare solamente un 7° e un 5° posto. La storia di Porsche in Formula 1, invece, fu scritta al Gran Premio di Francia. In quell’occasione, a causa di uno sciopero, la Ferrari non potè prendere parte al Gran Premio. L’esito fu stupefacente: Gurney, partito dalla 6° casella dello schieramento, riuscì a risalirlo fino al 1° posto. Questo, a oggi, rappresenta l’unico successo della Porsche in F1. Fu anche il momento migliore della stagione, perché dopo quel trionfo, i migliori risultati furono un 3° posto al Gran Premio di Germania di Gurney, un 6° posto di Bonnier al Gran Premio d’Italia e un 5° posto, nuovamente di Gurney, al Gran Premio degli Stati Uniti. Grazie a questi risultati, Porsche riuscì a classificarsi solamente al 5° posto nella classifica costruttori. Quinto fu anche il piazzamento del miglior pilota Porsche, Dan Gurney, nella classifica piloti.

La fine di Porsche in Formula 1

Quello del 1962 fu l’ultimo Campionato corso da Formula 1 ad alto livello. L’anno successivo, infatti, la Porsche schierò nuovamente la Porsche 718 con alla guida Carel Godin de Beaufort e Gerhard Mitter. I migliori risultati furono un 4° posto e due 6° posto. Quell’anno, Porsche raccolse solamente cinque punti, chiudendo il Campionato in settima posizione. Fu l’ultimo anno col marchio Porsche a calcare realmente le piste. L’anno successivo, infatti, fu il team Ecurie Maarsbergen a condurre una 718 nuovamente con Godin de Beaufort, ma non riuscì a raccogliere neanche un punto chiudendo tristemente l’esperienza della Formula 1 di Porsche.

Il ritorno a fianco della McLaren

Da allora, il marchio Porsche non ha mai più fatto ritorno sulle piste della Formula 1. Eccezion fatta per la parentesi fra il 1983 e il 1987, quando Porsche fornì i motori con cui McLaren conquistò due campionati costruttori e tre campionati piloti. Si trattava del leggendario TAG Porsche, progettato da Hans Mezger, inizialmente capace di una potenza da 780 CV e, al termine del suo sviluppo, di ben 950 CV. Chiusa l’esperienza con McLaren, che all’arrivo di Senna ottenne la fornitura di motori Honda, Porsche fece un’altra breve apparizione nel 1991. In quell’anno, infatti, le Arrows montarono un nuovo V12 della casa di Stoccarda. Dopo soltanto sei gare, però, il team decise di sostituire il propulsore, che non aveva dato sufficienti prestazioni. Fu l’ultima apparizione del marchio nel circus della F1.

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