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Piloti Porsche, tutti i più celebri “manici” del team corse di Stoccarda

Folli, spericolati, sempre al limite del possibile e qualche volta anche oltre. Sono i piloti Porsche, il lungo elenco di “manici”, che alla guida di una vettura della casa di Stoccarda hanno messo le ruote oltre il traguardo, lasciandosi alle spalle avversari, automobili rivali e fissando record che ancora oggi hanno del sensazionale. Del resto, essere pilota Porsche, oggi come allora, significa avere una marcia in più, che spinge a gettare il cuore oltre l’ostacolo. Scopriamo i protagonisti di questa storia e conosciamo i piloti Porsche che hanno fatto la storia della casa di Stoccarda.

Piloti Porsche, quando il cuore va al ritmo dei giri motore

La storia di Porsche è affastellata di avvenimenti singolari e unici. Nulla, nelle vicende che hanno portato la casa di Stoccarda a dominare nel settore delle automobili sportive, è stato mai scontato. Le prime vittorie in ambito sportivo, i primi record fatti segnare qua e là sui circuiti di tutta Europa, hanno costruito una generazione di piloti, che ancora oggi portano su di loro l’onore e l’onere di aver contribuito a far grande il marchio. Ecco, oggi conosciamo meglio la storia dei piloti Porsche.

Umberto Maglioli, l’uomo della prima vittoria di Porsche alla Targa Florio

Se si deve iniziare da qualche parte nel racconto dei piloti Porsche, probabilmente, Umberto Maglioli è l’uomo giusto. Quando la mattina del 10 giugno 1956 partì per gareggiare alla Targa Florio, la celeberrima corsa su strada, pochi avrebbero scommesso sulla piccola Porsche 550 Spyder e sul suo pilota. La Giant Killer, però, era agile e guidabile, a differenza delle automobili della concorrenza. Così, dopo i 720 chilometri del percorso siciliano, Maglioli tagliò il traguardo per primo.

Quella del pilota Porsche è una vittoria fondamentale per Zuffenhausen. La casa, nata solamente pochi anni prima, riuscì così a dimostrare la propria capacità di costruire automobili capaci di primeggiare anche in competizioni di prim’ordine, com’era la Targa Florio. Più tardi, nel 1968, peraltro Maglioli si sarebbe nuovamente ripetuto nella conquista della Florio, sempre a bordo di una Porsche. Fu proprio in virtù di questi successi, e in particolare del primo, che la casa di Stoccarda decise di chiamare la particolare configurazione delle sue automobili con l’appellativo di Porsche Targa. Un omaggio alla Targa Florio e ai successi che Porsche ottenne anche grazie a Maglioli.

Jo Siffert, il pilota Porsche che ha consolidato la presenza negli Stati Uniti d’America

C’è stato un tempo in cui, con aforisma abbastanza evocativo, veniva chiarito il ruolo delle gare automobilistiche negli Stati Uniti d’America: win on Sunday, sell on Monday, vinci alla domenica e vendi il lunedì. Questo perché le competizioni automobilistiche negli States erano appositamente concepite come cassa di risonanza per le case costruttrici e per i singoli modelli. Vincere una singola gara oppure, meglio ancora, un campionato, significava garantire risultati commerciali: un aspetto importantissimo, specie per case costruttrici europee, che nel mercato statunitense intravedevano la possibilità di fare ottimi profitti.

Per questo, il ruolo di Jo Siffert è stato fondamentale nelle strategie commerciali di Porsche negli Stati Uniti d’America. Siffert, già sul finire degli anni Sessanta, si gettò anima e corpo nelle corse della Serie Can-Am (Canadian-American Challenge Cup). Nonostante la scarsa disponibilità economica, il pilota di origine svizzera riuscì a ottenere ottimi piazzamenti. Nessuna vittoria per il pilota Porsche, anzi un destino infausto: il 24 ottobre 1971, Siffert si schiantò con l’automobile ponendo fine ai suoi sogni di gloria. Il triste destino di Siffert, tuttavia, arrise a Porsche: nel corso della sua esperienza nella serie Can-Am, la casa di Stoccarda registrò un deciso aumento delle vendite che consolidarono la presenza di Porsche sul mercato statunitense.

Hans Herrmann, il padre biologico delle Porsche Carrera

Era il 14 giugno 1970 e una Porsche, precisamente la Porsche 917 KH col numero 23 si preparava a tagliare il traguardo di una delle corse più difficili e, al contempo, più affascinanti di sempre: la 24 Ore di Le Mans. Alla guida di quella vettura, che ha percorso complessivamente 4.607,811 chilometri, un pilota Porsche destinato a fare la storia della casa di Stoccarda. Si tratta di Hans Hermann, che consegue, insieme con il compagno di squadra Richard Attwood, il primo successo nella competizione di durata.

Quella di Hermann, tuttavia, è una carriera ricca di vittorie e di riconoscimenti. Come quando, nel 1954, il pilota Porsche, a bordo di una 550 Spyder, si aggiudicò il 3° posto assoluto e il 1° primo di classe, nell’ultima Carrera Panamericana che si sia mai disputata. Fu proprio in virtù di questo risultato che, in seguito, la casa di Stoccarda realizzò le sue prime Porsche Carrera, oggi diventate celebri. Un omaggio che, ancora oggi, la casa di Stoccarda promuove con modelli nuovi, ma fedeli al concetto di sportività che Hermann portò avanti coi propri successi.

Edgar Barth e l’esordio di Porsche in Formula 1

Non esistono solamente vittorie. Alcuni piloti Porsche hanno avuto l’onere e l’onore di portare avanti il nome della casa di Stoccarda nei contesti più estremi, facendo comunque sempre onore al blasone di Porsche. È questo il caso di Edgar Barth, pilota tedesco, che nel 1959 ha portato all’esordio Porsche nel campionato di Formula 1. Ancora una volta a bordo di una 550, Barth riuscì a ottenere un 12° posto. Peraltro, come compagno di scuderia vi era un altro nome noto: quello di Umberto Maglioli che, a differenza di Barth, fu costretto al ritiro. Il pilota tedesco, comunque, condusse anche altre volte la Porsche sulle piste di Formula 1: nel 1958, sul circuito di Germania, quando ottenne un lusinghiero 6° posto e nel 1960 con la settima piazza.

Dan Gurney, il protagonista di Porsche in Formula 1

Chi invece ha realizzato un vero e proprio capolavoro in Formula 1 è stato Dan Gurney. Il pilota Porsche, infatti, fu schierato dalla casa di Stoccarda a partire dal 1961. In quell’annata il pilota statunitense inanellò una serie di risultati positivi, fra cui tre secondi posti, che gli consentirono, alla fine dell’annata, di ottenere gli stessi punti di Stirling Moss, al terzo posto. L’assenza di vittorie, tuttavia, lo costrinse al quarto posto. L’anno successivo, sempre in Porsche, fu la consacrazione.

In particolare, fu sulla pista di Rouen, per il Gran Premio di Francia, che il pilota della Porsche ottenne il suo più grande successo. Partito dalla sesta posizione, Gurney non era certamente il principale pretendente per la vittoria finale. Tuttavia, giro dopo giro, i piloti delle altre case iniziarono ad accusare seri problemi alle loro vetture. Intorno al 34° giro, quando ormai Jim Clark, pilota della Lotus, sembrava pronto a vincere la gara accusò un problema alla sua automobile. Così, per venti giri Gurney si trovò da solo al comando della gara fino ad arrivare sul traguardo, ottenendo il suo primo successo e, cosa forse ancor più importante, il primo successo di Porsche in Formula 1.

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