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Porsche 956, la regina di Le Mans a 400 km/h

Cercando online è facile individuare un video che spiega, meglio di mille parole, cos’era la Porsche 956. Un filmato risalente al 1983, che dura appena 77 secondi, ma che sembrano un’infinità quando il leggendario Jacky Ickx spalanca il gas della sua 956 per raggiungere – si narra – i 400 km/h sul rettilineo di Mulsanne, alla 24 Ore di Le Mans. Se siete facilmente impressionabili, sconsigliamo la visione di quegli alberi che transitano in scena a velocità folle, mentre Ickx con naturalezza stacca persino le mani dal volante per innestare la marcia successiva. È la narrazione non verbale di un capolavoro su ruote, capace di piegare il tempo, di arrivare sino a noi con l’impeto dei suoi cavalli vapore e di far sognare milioni di appassionati in tutto il mondo.

L’auto perfetta secondo Zuffenhausen: Porsche 956

È forse anche per questo che qualsiasi bambino nato negli anni Ottanta inevitabilmente annoverava nel corredo delle sue macchinine anche il modellino di una Porsche 956. Nella sua evocativa livrea firmata Rothmans, quella della 956 è la storia di una leggenda, che trionferà ripetutamente a Le Mans, rendendo Porsche la regina di questa endurance, e nel Campionato Mondiale Sportprototipi, trasformando quella di Stoccarda nella casa costruttrice da battere per gli anni a venire.

La storia della 956, tuttavia, inizia prima delle sue imprese sportive ed è la storia dei regolamenti sportivi dei primissimi anni Ottanta, quando la ricerca esasperata nel motorsport aveva reso le vetture da gara in spietate armi che, messe nelle mani di killer del calibro di Ickx e altri, potevano letteralmente volare, talvolta anche oltre le barriere di protezione. Quelli, tuttavia, erano anche gli anni della concorrenza spietata delle case costruttrici, dove la politica industriale aveva un peso specifico importante nelle decisioni delle varie federazioni sportive. Per raccontare questa storia, quindi, occorre partire proprio da questi, dai regolamenti.

Un nuovo regolamento, l’alba delle Gruppo C

Nel 1981, dopo la trasformazione da Commission sportive internationale (CSI) a Fédération Internationale du Sport Automobile (FISA), sotto la guida del presidente Jean-Marie Balestre fu finalmente varato un nuovo regolamento. Un’esigenza dettata, tra l’altro, dalla necessità di combattere lo strapotere di Porsche nel Gruppo 5. Per questa ragione, fu introdotta una nuova categoria: il cosiddetto Gruppo C, suddiviso in C, dal 1984 diventata C1, a cui partecipavano le squadre più prestanti, e la C-Junior, che poi si trasformerà in C2, dove prendevano parte piccoli costruttori.

In questa nuova categoria erano ammesse automobili con carrozzeria coupè biposto. Il regolamento, che non imponeva limiti di cilindrata ma di consumi di carburante fissati in 60 litri per 100 chilometri, definiva una lunghezza massima di 4,8 metri e una larghezza massima di 2 metri, mentre l’altezza poteva variare tra 1 e 1,1 metri. L’automobile, a secco, doveva raggiungere un peso di almeno 800 chilogrammi (700 chilogrammi per la C2).

956 porsche

In questo contesto, Porsche, che sino ad allora aveva gareggiato con la Porsche 936, fu costretta a progettare una nuova automobile rispettosa delle novità regolamentari della FISA. Il progetto della Porsche 956, pertanto, fu affidato a uno dei progettisti più importanti della sua epoca: Norbert Singer. Questi disegnò un’automobile che, nel rispetto delle normative, era lunga 4,77 metri e larga 1,99 metri. L’altezza da terra sfiorava 1,03 metri, mentre il peso era di 840 chilogrammi. Tuttavia, le chicche più succose, come vedremo, erano tutte celate sotto alla scocca.

Porsche 956, un capolavoro di ingegneria

Quello che Norbert Singer, e la sua squadra, riuscirono a fare fu coniugare prestazioni ai vertici e affidabilità oltre la concorrenza. Il merito, tra le altre cose, fu anche della squadra che si occupò del propulsore: per spingere la 956 oltre ogni immaginazione fu scelto il più classico motore sei cilindri boxer – evoluzione del Type 935 già montato sulla Porsche 936 – sovralimentato con due turbocompressori firmati KKK, uno per bancata. Con una cilindrata di 2.650 cm3, il gioiello della casa di Stoccarda dichiarava una potenza di 620 CV (460 kW). Evoluzioni successive spinsero la potenza dell’automobile ancora più in alto, raggiungendo il valore massimo di 640 CV (470 kW).

Accanto al propulsore, poi, Porsche sviluppò il suo primo cambio a doppia frizione. In realtà, accanto a questo fu anche predisposto un tradizionale cambio a cinque marce. Tuttavia, a dimostrazione dell’innovazione portata dalla casa di Stoccarda a bordo di questa vettura, all’inizio degli anni Ottanta sperimentò anche il primo Porsche Doppelkupplungsgetriebe, per l’appunto il cambio a doppia frizione, che poi sarebbe stato montato stabilmente a bordo della Porsche 962.

Ossatura e pelle nuova per la Porsche 956

Per rispettare le richieste di contenimento del peso complessivo, e per garantire il rispetto dei requisiti di rigidità imposti dai regolamenti, Porsche si vide costretta ad abbandonare un suo marchio di fabbrica. Al posto del telaio in tubolari, infatti, per la Porsche 956 fu scelto un telaio in monoscocca di alluminio, molto più leggero ma anche più complesso da realizzare. Grazie a questa scelta, tuttavia, si riuscì a ottenere un telaio dotato di una rigidità torsionale più elevata di circa l’80% rispetto a quello della Porsche 936, ancora dotato di un classico telaio a traliccio di tubolari. La bontà del progetto di Singer fu tale che, anche per la diretta discendente della 956, la Porsche 962, fu adoperato lo stesso telaio. Inoltre, quando si presentò l’occasione di sperimentare il motore TAG Porsche, progettato per le automobili McLaren in Formula 1, si decise di testarlo sul telaio della 956 opportunamente modificato.

Le qualità del progetto, tuttavia, non furono solamente queste. Singer, benché non fosse un esperto, comprese prima e meglio di altri l’importanza dell’aerodinamica. Per questo, con la 956 fu avviato un intenso lavoro di ottimizzazione, teso in particolare a generare un importante effetto suolo. Ciò è dimostrato, in particolare, dalla sezione posteriore della vettura: l’estrattore, unito al gigantesco alettone posteriore, erano in grado di generare una deportanza di tre volte superiore rispetto alla Porsche 917. Grande importanza venne attribuita – come abitualmente viene fatto ancora oggi – anche alla parte sottostante della vettura, il cosiddetto sottoscocca. Per questo, i tecnici di Singer scelsero un unico pezzo che consentiva di ottimizzare i flussi sotto la vettura e, ancora una volta, incrementare l’effetto suolo. Il risultato di questa ottimizzazione è perfettamente rappresentato dall’attuale installazione della Porsche 956 presso il museo della casa di Stoccarda: appesa al soffitto, a testa in giù, proprio a dimostrare le enormi potenzialità della vettura in termini di carico aerodinamico.

Per rendere più efficiente la vettura, poi, furono previste due configurazioni aerodinamiche: quella più utilizzata, con un’alta più grande, e quindi capace di generare maggiore carico aerodinamico, e una più piccola, che essenzialmente veniva adoperata solamente presso il Circuit de la Sarthe di Le Mans. Con ogni probabilità, la configurazione adoperata da Ickx nel filmato con cui abbiamo aperto questo articolo. È grazie a questa configurazione che, lungo il rettilineo di Mulsanne, la vettura era in grado di raggiungere le velocità più elevate.

La carriera sportiva della Porsche 956

Il battesimo dell’asfalto per la Porsche 956 arrivò il 27 marzo del 1982, quando la casa di Stoccarda testò il progetto sul proprio circuito di Weissach. Quello stesso anno, il 16 maggio, l’automobile debuttò alla 6 Ore di Silverstone, denominata The Pace Petroleum 6 Hours, seconda gara del World Endurance Championship. Con alla guida Jacky Ickx e Derek Bell, Porsche dovette arrendersi alla Lancia LC1, che, appartenendo al Gruppo 6, era sottoposta a limitazioni nel consumo di carburante meno stringenti rispetto alle automobili del Gruppo 5. Dopo la prima esperienza, la casa di Stoccarda decise di disertare la 1000 km del Nürburgring, che si teneva il 30 maggio, per presentarsi direttamente a Le Mans, prevista invece tra il 19 e il 20 giugno.

Fu proprio in Francia che la 956 assestò il suo primo colpo, dimostrando al mondo le potenzialità del progetto. Con alla guida ancora una volta Ickx e Bell, Porsche ottenne il primo posto assoluto. Lo strapotere della casa di Stoccarda, tuttavia, fu clamoroso: al secondo posto, sempre con una Porsche 956, si piazzarono Jochen Mass Vern Schuppan, mentre al terzo, ancora con la 956, giunsero Jurgen Barth, Hurley Haywood e Al Holbert. A chiudere il quinteto di testa, poi, due Porsche 935, condotte una da John Fitzpatrick e David Hobbs, l’altra da Dany Snobeck, François Servanin e René Medge.

Il successo fu tale che a Stoccarda si convinsero della possibilità di aggiudicarsi il titolo costruttori. Per questo, già a Spa-Francorcheamps dove il 5 settembre si sarebbe tenuto il Trophee Diners Club 1000 Kilometres, Porsche decise di tentare l’impresa. Anche in questo caso, Porsche assestò una doppietta: il duo Ickx-Mass si aggiudicò il primo posto, seguito dalla coppia Bell/Schuppan. La Lancia Martini LC1 di Riccardo Patrese, invece, si posizionò solamente sul gradino più basso del podio. A questo punto, Porsche si era già aggiudicata il titolo costruttori. Al punto che, dalla gara successiva del 19 settembre, il Trofeo Banca Toscana 1000 Kilometres, che si tenne sul Circuito del Mugello, i punti furono assegnati solamente ai piloti.

Porsche non prese parte a quest’ultimo, ma alle successive due gare – il WEC in Japan sul Fuji Speedway e il Shell Oils 1000 Kilometres di Brands Hatch – Jacky Ickx con la sua Porsche 956 riuscirono ad assestare altri due successi. Grazie ad essi, il belga conquistò anche il titolo piloti, segnando un’annata formidabile per la casa di Stoccarda.

A partire dal 1983, Porsche iniziò a vendere la 956 anche ai team privati. Questo contribuì a far diventare la vettura imbattibile, spesso anche a discapito del team ufficiale della casa di Stoccarda. Proprio in quell’anno, durante la 1000 km di Monza Trofeo Filippo Caracciolo la 956 del team Joest Racing  surclassò l’automobile del team ufficiale. Anche nell’edizione 1983 del World Sportscar Championship la 956 riuscì a imporsi. Al punto che a Le Mans la vettura della casa di Stoccarda riuscì a conquistare le prime undici posizioni (meno che la nona) ottenendo la vittoria più schiacciante per un costruttore di automobili sportive.

Complessivamente, la Porsche 956 ottenne ben quattro campionati costruttori, quelli del 1982, 1983, 1984 e 1985. Allo stesso modo ottenne  quattro campionati piloti: 1982 con Jacky Ickx, 1983 ancora con Ickx, 1984 con Stefan Bellof e 1985 con Derel Bell. L’avvenuta della 956, tuttavia, non finì con questi trionfi. Anche la successiva 962, costruita praticamente sulla base della 956 tanto da sembrare una sua evoluzione, continuò a trionfare sui circuito di tutto il mondo conquistando altri due campionati costruttori e piloti.

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Carlo
Carlo
8 mesi fa

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