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Tazio Nuvolari e Ferdinand Porsche: un binomio inatteso

Tutti gli amanti del motorsport, almeno una volta, hanno sentito parlare di un pilota capace di essere competitivo tanto sulle automobili quanto sulle motociclette. Uno che Ferdinand Porsche, non certo l’ultimo della classe, definì «il più grande corridore del passato, del presente e del futuro». Per i pochi che ancora non hanno capito, stiamo parlando proprio di Tazio Nuvolari, forse meglio conosciuto come il “mantovano volante” proprio in virtù delle sue gesta e, in particolare, del rapporto che l’italiano ebbe con la casa di Stoccarda.

Il mantovano volante, che ammaliò Ferdinand Porsche

Potremmo iniziare il racconto di questo grande pilota italiano, Tazio Nuvolari, rammentando i suoi natali. Note biografiche che poco lascerebbero nel lettore, se non qualche nozione. Nuvolari, però, è stato più di questo, nonostante tutto. Un vero e proprio mito, capace di sovvertire ogni previsione. Un esempio? Si narra che un ufficiale, trasportato dal giovane, ed evidentemente spericolato, soldato Nuvolari, che all’epoca della Prima Guerra Mondiale era stato arruolato come autiere del Regio Esercito, consigliò al milite di stare alla larga dalle automobili. E a immaginarlo oggi, quando l’almanacco riporta, in circa ventinove anni di carriera, 59 vittorie, 59 giri veloci e 113 piazzamenti a podio, viene un po’ da sorridere. Ma tant’è, perché nella storia di Nuvolari non c’è nulla di regolare.

Gli inizi di Tazio Nuvolari

Quando sei figlio di uno come Arturo, imprenditore agricolo e valente ciclista, non puoi non crescere nel mito dello sport. Non solo in quanto atleta, ma anche e sopratutto in funzione dei valori che lo sport insegna. Forse anche per questo, poco dopo essere stato vittima di un incidente a cavallo, Tazio fu spronato a lungo dal padre. Un genitore inflessibile, al punto di arrivare a lanciare una moneta ai piedi del cavallo stesso affinché il giovane, nel recuperarla, potesse ritrovare il coraggio perduto dopo l’incidente. A distanza di anni fu lo stesso Tazio a evocare l’episodio: «Quel giorno smisi di avere paura delle cose e paura della paura stessa». La vita di Nuvolari, del resto, lo avrebbe messo davanti a numerose prove di coraggio, non tutte di natura sportiva. Basterebbe pensare alla sua partecipazione alla Prima Guerra Mondiale, come già detto in qualità di autiere, per comprendere la natura delle sfide che lo attendevano.

Quella sportiva, in realtà, ha una data di inizio. Precisamente il 1920, quando Nuvolari ottenne la licenza come pilota di motociclette da corsa. Il 20 giugno di quello stesso anno, quindi, il pilota all’epoca appena 27enne, esordì sul Circuito Internazionale Motoristico di Cremona, senza tuttavia riuscire a concludere la gara. Meglio, invece, andò alla Coppa di Verona del 27 marzo 1921, dove però Nuvolari conduceva l’automobile di famiglia una Ansaldo 4CS. In quell’occasione, il giovane esordiente riuscì a mettersi tutti gli avversari alle spalle. Il suo talento, però, non poteva essere appagato: correre in automobile era decisamente più costoso e, per questa ragione, si dovette accontentare della motocicletta. Fu da qui che iniziò la strepitosa carriera di Tazio Nuvolari.

La leggenda di Nuvolari al volante

È il 1924, Nuvolari si trova alla guida di una Bianchi Tipo 18. È ormai a pochi chilometri dal traguardo del Circuito del Tigullio, che rappresenta l’ennesima vittoria del pilota mantovano. Il distacco di uno pneumatico, e il conseguente cappottamento dell’automobile, sembrano far sfumare i sogni di gloria. Anche perché nello schianto, il meccanico di Nuvolari resta svenuto. Tazio, però, non si perde d’animo: invoca l’aiuto del pubblico e, alla bell’e meglio, riesce a sistemare l’automobile. Riparte praticamente senza più sedile di guida, mentre al posto del volante c’è una chiave inglese. E nonostante tutte queste insidie, alla fine, riesce a mettersi tutti alle spalle. Da lì in poi, i successi automobilistici non si contano quasi più: Tazio diventa Nuvolari e Nuvolari diventa il “mantovano volante”. Capace di vincere il campionato motociclistico europeo, nella classe 350, nonostante diverse costole rotte, ma non solo. Lo cerca e lo trova l’Alfa Romeo quale potenziale sostituto di Antonio Ascari. E proprio a bordo di un’Alfa, nel 1930, riesce a conquistare la Mille Miglia a bordo di una 6C 1750. Per riuscirci, dopo un lungo duello, spegne i fari per fingere un guasto, mentre continua a gareggiare e a sopravanzare gli avversari. Un’altra volta nel 1931, presso il circuito delle Tre Province, si rompe la molla di richiamo dell’acceleratore: Nuvolari e il suo meccanico organizzano un sistema di controllo dell’acceleratore, che prevede l’utilizzo di una cinta. Gesta che lo resero immortale agli occhi degli appassionati dell’epoca e, probabilmente, di ogni tempo.

Il rapporto tra Tazio Nuvolari e Ferdinand Porsche

Lo abbiamo detto all’inizio: Ferdinand Porsche riponeva una stima sconfinata nei confronti di Nuvolari. Al punto che, alla morte del pilota Bernd Rosemeyer nel 1938, deceduto nel tentativo di ottenere un nuovo record di velocità, è lo stesso Porsche, in qualità di direttore del team tedesco Auto Union, impegnato nel Campionato europeo di automobilismo, a chiedere proprio di Nuvolari. Questi, dopo l’esperienza in Alfa Romeo, non ne vuole più sapere di guidare l’automobile italiana, il cui serbatoio gli esploso praticamente dietro alla schiena. Così accetta la proposta del team tedesco, quando mancano solamente quattro gare alla fine del Campionato: Francia, Germania, Svizzera e Italia. Il debutto avviene proprio nella terra d’origine del team, dove però è costretto al ritiro al secondo giro. Al nono giro, però, prende il posto del pilota Hermann Paul Müller e, alla fine, riesce a classificarsi quarto. In Svizzera raggiunge solamene la nona piazza, mentre in Italia, anche grazie ai ritiri delle Mercedes, arriva la prima vittoria. Alla fine della stagione, si piazza quinto nella classifica generale del Campionato. Anche qui, però, il mito si fonde con la storia: fuori campionato, a Donington, Nuvolari si scontra contro un cervo durante le prove: l’animale diventa un trofeo che, successivamente, trovò posto nel soggiorno della sua abitazione.

La stagione successiva sembrerebbe quella buona, anche perché all’esordio all’Eifelrennen sulla pista del Nürburgring arriva un interessante secondo posto. Le successive quattro gare, però, sono deludenti: Nuvolari è costretto al ritiro in successione prima che, a settembre, la Germania invada la Polonia. Al Gran Premio di Belgrado del 3 settembre 1939 solo cinque piloti riescono a prendervi parte: Tazio è fra questi e riesce ad aggiudicarsi il primo posto, che rappresenta la sua ultima vittoria prima del conflitto mondiale. Alla fine di quella stagione, Nuvolari riesce a piazzarsi solamente quarto. Finisce così l’avventura che vede Nuvolari al fianco di Porsche, perché i due, anche all’indomani della guerra, non incrociarono mai più le loro strade. Ciononostante, Porsche non ebbe mai alcun problema a definire Nuvolari come il più di sempre.

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