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Harm Lagaay, il padre delle Porsche più celebri

Guardando alla storia di Porsche, a cavallo degli anni Settanta e poi nuovamente negli anni Novanta, un nome continua a balzare fuori. Si tratta di Harm Lagaay, che, non a caso, è tra i progettisti più importanti della casa di Stoccarda: la Porsche 911, la 924 e poi, più in là ancora, la Porsche 968, la 993, la 996 e la Carrera GT portano la sua firma. Per questo, quella di Lagaay è una figura che merita di essere conosciuta e su cui oggi ci concentreremo.

Come salvare Porsche: a scuola da Harm Lagaay

Come abbiamo già visto, gli uomini che hanno gravitato nella galassia di Porsche sono moltissimi. Tanti sono coloro i quali hanno dato il loro prezioso contributo, pochi quelli che hanno fatto la differenza e pochissimi quelli che hanno davvero rivoluzionato gli stilemi della casa di Stoccarda. Tra questi ultimi, certamente, si colloca Harm Lagaay che dal 1970 al 1977 in prima battuta e poi dal 1989 al 2004 ha contribuito a realizzare alcuni dei modelli più rappresentativi della casa costruttrice fondata da Ferdinand Porsche. Prima di raccontare quali furono i suoi contributi, però, conosciamo la sua storia.

Gli inizi della carriera di Lagaay

Harm Lagaay nacque il 28 dicembre 1946 a L’Aja. In realtà, Lagaay non sarebbe neanche il suo nome reale. In origine, infatti, figurava come Harm Lagaaij poi, non è chiaro come, il suo nome è variato, per l’appunto, in Lagaay. Della sua vita, almeno di quella antecedente all’attività professionale, si conosce molto poco. Quello che ci è concesso sapere è che effettuò la prima parte dei suoi studi nei Paesi Bassi, per poi completare la sua specializzazione, nel 1968, alla IVA Driebergen Business School e, successivamente, presso la TU Delft, l’Università tecnica. Nel frattempo, però, la sua attività professionale aveva già avuto inizio. Dal 1967, infatti, Lagaay iniziò a lavorare come illustratore tecnico presso la Olyslager, azienda di Soest attiva nella produzione di lubrificanti per l’industria petrolifera. Sul finire degli anni Sessanta, tuttavia, vi fu il primo contatto tra Lagaay e l’industria automobilistica. In quel periodo, infatti, il progettista fu messo sotto contratto dalla Simca, azienda automobilistica e motociclistica francese che proprio in quegli anni viveva un periodo di forte espansione sotto l’ala protettrice di Chrysler.

Il primo ingresso in Porsche negli anni Settanta

Non è chiaro di cosa si occupò alla Simca, ma di certo fu abbastanza per farsi notare da Porsche. Nel 1971, infatti, il progettista fece il suo primo ingresso in Porsche che, proprio in quel momento veniva dal clamoroso successo raccolto dal film Le 24 Ore di Le Mans. Forse non a caso proprio in quel 1971, il motore boxer della 911 fu ulteriormente potenziato e la versione più potente dell’automobile, la 911 S, fu anche arricchita con uno spoiler anteriore. Quel che è certo è che nei sette anni in cui Lagaay rimase in Porsche, furono numerosi i suoi apporti. Non a caso, sul finire degli anni Settanta, quando ormai la sua  prima collaborazione con la casa di Stoccarda era quasi in procinto di terminare, egli fu destinato al disegno di un’automobile destinata a far discutere, ma che avrebbe certamente segnato la storia della casa costruttrice. Si trattava della Porsche 924: un progetto condiviso con Volkswagen, ma che portò numerose innovazioni nella casa della cavallina e, soprattutto, un successo dal punto di vista finanziario.

La seconda vita in Porsche, dopo Ford e BMW

Terminata la prima esperienza in Porsche, nel 1977 Lagaay fu messo sotto contratto da Ford spostandosi da Stoccarda a Colonia. Il suo impegno qui, nonostante le dimensioni aziendali ancora più grandi, fu rivolto soprattutto al restyling di modelli iconici come la Sierra e la Escort. Nel 1985, poi, il designer si spostò alla BMW in Baviera. Qui fu posto a capo di un progetto ambizioso: quello della BMW Z1, vettura che si caratterizzò per una singolare apertura delle portiere che “scivolavano” al di sotto dell’automobile stessa e che, ancora oggi, rappresenta una vera e propria icona del design.

Certi amori, tuttavia, non finiscono: fanno giri enormi e poi ritornano. Nel caso di Lagaay, il ritorno avviene nel 1989. È in quell’anno che la casa di Stoccarda lo richiama alla base per ricoprire il ruolo di capo dipartimento del Centro Stile Porsche, con sede a Weissach. Da quel momento in poi, dopo essersi reso conto che nei quattordici anni trascorsi poco o nulla era cambiato a Stoccarda, il designer capì quanto fosse necessario invertire la rotta. Il suo lavoro, vista la difficile situazione finanziaria, si concentrò sulla riduzione dei costi: per fare un esempio, la Porsche 986 e la Porsche 996 condividevano un numero altissimo di parti al fine di rendere più economica la produzione.

Sotto la sua guida, e con questi precetti, furono quindi sfornati alcuni dei modelli più importanti della storia recente della casa costruttrice. Oltre alla Porsche 968, fu il caso della Porsche 993 a cui lavorò insieme a Tony Hatter. Sotto la sua guida, la casa fece esordire anche il modello che rilanciò Porsche nell’olimpo dell’industria automobilistica: la Porsche Cayenne, modello che, come sappiamo, salvò la casa da gravi conseguenze finanziarie. Dopo l’ultima erede della Porsche 911, la Porsche 996, Lagaay si dedicò a quella che forse è l’automobile più estrema mai costruita a Zuffenhausen: la Porsche Carrera GT. C’è tanto, troppo, da dire su questa automobile: se non la conoscete, dovete assolutamente scoprire la follia che guidò questo progetto. Basti sapere che, in un certo senso, la Carrera GT rappresentò la ciliegina sulla torta di una carriera già di per sé sfolgorante.

 

Di lì a poco, nel luglio del 2004, Lagaay decise di lasciare nuovamente, questa volta definitivamente, la casa di Stoccarda. Al suo posto subentrò Michael Mauer, ancora oggi a capo del centro design di Porsche. Il contributo fornito da Lagaay, tuttavia, è stato tale che ancora oggi se ne vedono gli effetti. Non fosse altro perché, nonostante abbia attraversato almeno due crisi, ancora oggi la cavallina di Porsche resta rampante più che mai.

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