Circuiti e gare

La 24 Ore di Le Mans: la più massacrante delle endurance

A Le Mans tutto ebbe inizio il 26 maggio 1923. I piloti schierati su un lato della pista, le automobili su quello opposto. Allo scoccare delle ore 16:00, la bandiera francese dà il segnale convenuto: i corridori si lanciano verso le vetture, mettono in moto e proseguono per le successive 24 ore, fino a domenica 27 maggio. È l’inizio di una leggenda, è il debutto di una delle gara di endurance più famose al mondo. È la storia della 24 Ore di Le Mans, se preferite 24 Heures du Mans, una competizione dove qualsiasi casa automobilistica vorrebbe detenere il record di vittorie, ma soltanto una continua a restare imbattuta: Porsche. Oggi conosceremo la 24 Ore Le Mans, una gara non comune, dove solamente i più coraggiosi hanno potuto fregiarsi del titolo.

Un giorno di tormento: la 24 Ore di Le Mans

Oggigiorno, alla guida delle automobili che si sfidano lungo il Circuit de la Sarthe, sede della 24 Ore di Le Mans, vi sono almeno tre piloti. Non sempre è stato così, però: fino al 1970, infatti, era permessa la partecipazione anche di squadra composte da due piloti e, prima ancora, anche di un solo pilota. Un vero e proprio gioco al massacro, considerati i 13.626 metri di pista: le curve Dunlop, la Esse de la Foret, Tertre, Rouge, Mulsanne, Indianapolis, Arnage e Porsche. E poi, il rettilineo Hunaudières, fra i più celebri del motorsport: lungo 6.750 metri, qui sono state registrate alcune delle velocità di punta più elevate dell’intero circuito. Nel 1988, la Welter-Meunier P88 arrivò a toccare i 405 km/h e, per questa ragione, la FIA ordinò la modifica del rettilineo affinché non fossero più raggiunte velocità così elevate. Non perdiamoci in chiacchiere ed entriamo nel vivo della storia della 24 Ore di Le Mans.

Breve e avvincente storia della 24 Ore di Le Mans

La storia della 24 Ore Le Mans è talmente affascinante che, nel 1971, Hollywood l’ha persino celebrata con un celebre film, Le 24 Ore di Le Mans in cui recito anche Steve McQueen. Come detto, essa ha un inizio ben preciso: è il 1923 e in Europa impazza la moda dei confronti velocistici su strada. L’idea alla base di questa gara, invece, è quella di confrontare le automobili sulla durata, misurandosi sulla quantità di strada percorsa nell’arco di un lasso di tempo prestabilito. La cosa è presa molto sul serio: basti pensare che, nel 1966 due Ford GT40 Mk II condotte rispettivamente da Ken Miles e Bruce McLaren giunsero al traguardo praticamente appaiate per massimizzare l’effetto dello strapotere sugli avversari. La direzione di gara, tuttavia, dichiarò McLaren vincitore perché, nella griglia di partenza, questi era schierato più indietro e, pertanto, nell’arco delle 24 ore aveva percorso otto metri in più.

Storie drammatiche di un confronto unico, così come uniche sono le innumerevoli regole che devono essere rispettate per chi vuole correre in questa gara. Le automobili, per esempio, devono percorrere almeno il 70% della gara per essere classificate, ma, purché siano in grado di percorrere l’ultimo giro e abbiano completato un giro in un tempo inferiore a quello massimo previsto. Questo significa che, anche se oggi non è più consentito, spesso pur di essere classificate le automobili che avevano dato forfait prima del tempo si fermassero ai box per poi percorrere l’ultimo giro al meglio delle proprie possibilità.

Non basta questo, però, per rendere una corsa automobilistica in un premio ambito da tutti i costruttori di automobili, quelli d’Europa come quelli degli Stati Uniti d’America. Sin dalla prima edizione, infatti, era prevista la cosiddetta partenza Le Mans. I piloti, contrariamente a quanto avviene in una classica gara, non sedevano al posto di guida, ma attendevano il segnale per la partenza al di fuori dell’automobile. È per questo che, ancora oggi, le Porsche conservano il blocchetto di accensione posizionato a sinistra invece che a destra: in questo modo, i piloti della casa di Stoccarda potevano accendere la loro automobile e, contemporaneamente, innestare la prima marcia partendo in maniera più repentina rispetto ai loro contendenti. Questa pratica, tuttavia, fu abbandonata quando, con il diffondersi delle cinture di sicurezza divenne chiaro che i piloti erano costretti a percorrere parte della gara senza assicurarsi con esse, esponendosi a gravi rischi in caso di incidenti.

Incidenti che, purtroppo, nella storia di Le Mans hanno avuto conseguenza nefaste. Non solo per i piloti che qui hanno trovato la loro fine – uno su tutti, il pilota svedese Jo Bonnier che aveva corso anche con Porsche in F1 -, ma anche per gli spettatori. Proprio qui, infatti, si verificò quello che è considerato il più grave incidente nella storia del motorsport. Il Disastro di Le Mans avvenne nel 1955, quando una Mercedes-Benz 300 SLR e una Austin-Haley entrarono in collisione. Le due automobili, dopo la carambola piombarono sugli spalti dove si assiepava la folla falcidiando 83 persone e ferendone almeno 120. Lo shock fu tale che, ancora oggi – a eccezione della Formula E – sono vietate competizioni automobilistiche in Svizzera.

Nonostante la tragedia, però, la 24 Ore di Le Mans ha mantenuto il suo fascino: avvincente, pericolosa, estenuante, ambita. Il Circuit de la Sarthe, infatti, è stato anche sede di una delle più avvincenti sfide automobilistiche. Quella fra Ferrari e Ford, immortalata in un altro film: Le Mans ’66 – La grande sfida, che iniziò nel 1964 e proseguì poi nei successivi tre anni, prima che Ferrari si ritirasse dalla competizione per dissapori con l’organizzazione. Ma è solo una delle innumerevoli storie sportive che, nei circa cento anni di storia della gara, si sono consumate su questo asfalto. E certamente, una delle storie più avvincenti è quella che vede protagonista la Porsche, le sue vetture e i suoi piloti.

La 24 Ore di Le Mans e il predominio di Porsche

Un capitolo a parte nella storia della 24Ore di Le Mans riguarda certamente il rapporto fra Porsche e la competizione francese. Non è solamente il numero di vittorie conseguite dalla casa di Stoccarda – a oggi sono ben diciannove le vittorie, contro le tredici di Audi e le nove di Ferrari – ma anche il rapporto che nel corso degli anni si è sviluppato. Basti pensare che le modifiche che hanno portato all’esclusione della pericolosa Maison Blanche hanno preso il nome di Curve Porsche. Un tributo a quella che oggi è la casa costruttrice più vincente sul suolo del Circuit de la Sarthe.

La prima partecipazione di Porsche alla competizione francese avvenne nel 1951, con una Porsche 356 SL. Da allora, lo stemma Porsche è stato sempre rappresentato nella competizione francese, complessivamente con oltre ottocento vetture: uno dei tanti record della casa sul circuito. Nel 1966, poi, vi fu il debutto per la Porsche 911, che riuscì a imporsi nella categoria 2.0 GT. Per assistere al primo successo assoluto della casa di Stoccarda, tuttavia, si dovette attendere il 1970. Quell’anno, infatti, la Porsche 917K condotta da Hans Hermann e Richard Attwood si impose su tutti, e così anche l’anno successivo.

Nel 1976, con il cambiamento del regolamento che permetteva alle Gruppo 5 di competere con le Gruppo 6, la casa di Stoccarda si iscrisse con addirittura due vetture: la vecchia Porsche 935 e la nuova Porsche 936. Quest’ultima, al debutto, vinse nel 1976 e si confermò l’anno seguente. Nel 1979, la prima edizione dopo la modifica che portò il circuito alla lunghezza complessiva di 13.626 metri, fu la Porsche 953 K3 guidata da Klaus Ludwig, Bill e Don Whittington a piazzarsi davanti agli altri.

La vera e propria consacrazione di Porsche alla 24 Ore di Le Mans, però, giunse negli anni Ottanata. A partire dall’edizione del 1981, infatti, la casa di Stoccarda inanellò un filotto di ben sette vittorie consecutive. Un vero e proprio record ottenuto dapprima con la Porsche 936, poi con la Porsche 956 e, infine, con la Porsche 962. Addirittura, nel 1983 la casa tedesca riuscì a piazzare ben nove automobili fra le prima dieci posizioni all’arrivo. Un altro record della cavallina a Le Mans.

Tra il 1996 e il 1998, quando il tracciato del Circuit de la Sarthe cambiò nuovamente per arrivare alla lunghezza di 13.605 metri, Porsche segnò altri tre successi. I primi due con la Porsche WSC-95, alla guida della quale nel 1997 gareggiò anche il nostro Michele Alboreto e il recordman per numero di vittorie a Le Mans, Tom Kristensen, il terzo con la Porsche 911 GT1-98. Gli ultimi successi di Porsche, invece, con la Porsche 919 Hybrid. Dal 2015, anno in cui alla guida dell’automobile di Stoccarda si trovava, fra gli altri, Nico Hülkenberg, e il 2017, la casa costruttrice riuscì a imporsi per altre tre volte prima dell’attuale dominio di Toyota.

Se siete incuriositi dal prossimo risultato della 24 Ore LeMans, non vi resta che attendere il prossimo giugno, mese nel quale, abitualmente si svolge la gara e scoprire così chi si aggiudicherà il prossimo round di questa autentica leggenda dei circuiti.

Ferdinand Porsche

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